Cos’è l’insonnia

Si parla di insonnia quando sono presenti queste tre condizioni di base:

  • la persona avrebbe le possibilità per un sonno adeguato
  • il disturbo si presenta tre o più notti alla settimana e da un certo periodo di tempo
  • sono presenti importanti disfunzioni durante il giorno

L’insonnia è caratterizzata da una grossa difficoltà ad iniziare o mantenere il sonno e determina una cattiva qualità del dormire perché il sonno è molto frammentato e si rimane svegli in quel tempo che invece dovremmo dormire, caricandosi di preoccupazione e paura di non dormire.

Quando si ha una difficoltà a dormire, si pensa subito alla soluzione del farmaco, considerata anche l’unica via possibile, ma spesso non produce gli effetti sperati e molte persone si rassegnano a convivere con l’insonnia continuando ad utilizzare il farmaco anche se non funziona. Spesso poi si decide di sospenderlo ma si ottiene l’effetto opposto con un incremento dell’insonnia per l’apprensione di non dormire.

Secondo Alessandra Devoto, esperta in disturbi del sonno, l’utilizzo dei farmaci ipnoinducenti è molto più adeguato nei casi di insonnia situazionale e acuta, piuttosto che per insonni cronici. Quindi è importante valutare in quale situazione è indicato il farmaco ed in quale sarebbe più opportuno un altro tipo di intervento piuttosto che prenderlo sicuri che sia l’unica via possibile .

A quale altro tipo di intervento contro l’insonnia si può ricorrere?

Da diversi anni è stato elaborato il cosiddetto trattamento cognitivo-comportamentale delle insonnie che lavora su 2 aspetti importanti e sottovalutati quando si pensa al sonno:

Convinzioni e comportamenti

Probabilmente ci verrà da domandarsi “Cosa c’entrano col sonno questi due fattori? Il sonno se c’è, c’è, altrimenti non c’è!”, come se i pensieri fossero un meccanismo indipendente che non si vedono legati alla fisiologia del sonno… Invece i pensieri influiscono molto nel mantenimento della problematica ed è essenziale che la persona se ne renda conto e possa conoscerli.

Salta subito all’occhio che porre attenzione a quali pensieri incidono e quali comportamenti ostacolano il sonno, richiede più tempo rispetto che prendersi una pastiglia, oltre alla necessità di un’alta motivazione della persona di andare a fondo del problema, di collaborare ponendosi in modo attivo e non passivo come avviene con la somministrazione del farmaco.

Il ritorno che se ne ha grazie al senso di maggior competenza che la persona acquista è impareggiabile. Potersi percepire capace di influire sul proprio sonno, aver fiducia nelle proprie capacità di affrontare le difficoltà di sonno danno alla persona una competenza che sarà duratura e impatterà anche su altri aspetti della vita.

Ecco che per la cura dell’insonnia può essere necessario anche l’incontro con la figura dello psicologo e non del solo medico, sebbene inizialmente si possa pensare che sia un solo problema medico.

Cosa implica un intervento cognitivo comportamentale nel trattamento dell’insonnia?

Si parte con una approfondita valutazione della situazione con un’intervista strutturata, si procede ad una diagnosi di insonnia se presente e a che livello di gravità.

Dopo, se ci sono i presupposti per applicare il trattamento cognitivo–comportamentale, si valuterà il percorso più adatto, su quali aspetti è più adeguato agire, ad esempio aspetti di igiene del sonno, aspetti di comportamento o di convinzioni.

Tutto questo lavoro avviene però ad una condizione fondamentale: la necessaria collaborazione della persona, senza la quale anche con un’attenta valutazione non faremmo tanta strada non avendo a disposizione la motivazione e la collaborazione della persona.

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