I risvegli notturni frequenti sono vissuti spesso come problematici dai genitori e durante le consulenze sul sonno del bambino sono un tema frequente.
Incontro la fatica dei genitori , la paura di non trovare una soluzione ad una condizione diventata insostenibile.
Provo tanta comprensione per questi genitori sfiniti e vorrei avere una bacchetta magica per far dormire il piccolo.
Ma qualcosa si può fare, vorrei mettere l’attenzione sull’intervento che mamma o papà fanno di notte e che possono incrementare questi risvegli. E della modalità semplice che può disinnescarli adeguando il tipo di intervento.
Mi farebbe piacere sapere la vostra esperienza in merito, cosa ne pensate, se avete sperimentato questa semplice modalità che può influenzare il sonno di tutta quanta la famiglia .
Quando si ha un risveglio problematico ?
I risvegli notturni sono normali, fanno parte del fisiologico sviluppo del bambino per tutti i suoi primi 4 anni di vita .
E allora quando si può parlare di risvegli problematici?
Un risveglio è problematico quando il genitore interviene perché il piccolo piange o richiama e dopo l’intervento questo pianto diventa ancora più disperato invece di tranquilizzarsi . Serve poi un certo tempo per ripristinare il sonno.
Il sonno del bambino è composto da cicli come quello di noi adulti, ma i suoi cicli sono più brevi. Più volte durante la notte il sonno del bambino alterna un ciclo di sonno leggero ad uno più profondo.
Nei bambini fino ai 3 anni, durante il passaggio da una fase di sonno profondo ad una più leggero e viceversa, possono avvenire dei risvegli, poichè le fasi non sono ancora attaccate tra loro. Non si tratta di risvegli veri e propri ma di transiti in cui il sonno è molto superficiale e propenso al risveglio.
Anche per noi adulti avvengono microrisvegli nella notte di cui però non ci rendiamo conto perché attacchiamo rapidamente una fase all’altra e continuiamo a dormire senza interruzioni coscienti .
Il fatto è che durante questi transiti, il bambino sembra proprio sveglio, può avere gli occhi aperti, piagnucola, si lamenta, si muove, tutto farebbe pensare che è sveglio.
Invece sta dormendo, si trova in un risveglio apparente, in una sorte di dormiveglia .
Il passaggio da una fase e l’altra è un momento vulnerabile , il sonno si fa leggerissimo e basta poco per arrivare al risveglio effettivo.
Mamma o papà che fanno ?
I genitori allertati dal richiamo del bambino, come è giusto che sia, intervengono. Il pianto del bambino ha proprio quella funzione e l’azione più intuitiva è andare a vedere cosa accade.
Lo scenario più comune è che uno dei due genitori, la madre in genere, si alza lo prende in braccio o se il bambino è vicino lo prova ad allattare, gli parla o lo culla. Lo stesso il papà lo prende, lo culla portandolo in giro nervosamente.
Si perché capita che i genitori , svegliati durante la notte, siano un po’ infastiditi ed il loro tentativo di riaddormentare il bambino risenta di questa fatica .
L’intervento del genitore è sacrosanto , il bambino richiede conforto ed è giustissimo che ci sia una pronta risposta . Quel che voglio dire è che in quel momento specifico non sempre è necessario !
Il sonno dei bambino nel primo anno di vita fa numerose tappe di sviluppo .
Il sonno del neonato fino ai 3 mesi circa è frammentato, superficiale e fatto da cicli molto brevi. Dai 4 mesi in poi ci sono delle importanti modifiche che portano ad una minore frammentarietà .
Cosa cambia dai 4 mesi ?
Intorno al quarto mese il sistema nervoso comincia a produrre melatonina.
Questo ormone è molto importante , predispone l’organismo al ritmo giorno/notte e per il bambino vuol dire passare ad una fase di crescita : da neonato comincia a strutturare un assetto più simile al sonno dell’adulto .
In termini concreti, un organismo settato sul ritmo sole / buio va ad influire anche sull’ andamento melatonina/ cortisolo, dunque il bambino si sta predispondendo ad avere momenti di veglia più lunghi durante il giorno e momenti di sonno più lunghi durante la notte .
Intervento non gradito
A volte intervenire può risultare non utile , se si tratta di un tipo di intervento attivante che può risvegliare il bambino.
E mi spiego cosa intendo per intervento attivante: prendere in braccio bambino, portarlo in giro, cambiarlo se non necessario , parlargli , a volte anche allattarlo.
Il bambino infatti potrebbe non gradire di essere svegliato e da un semplice piagnucolio passare al pianto inconsolabile, infastidito per aver perso il sonno . A quel punto poi il riaddormentamento potrebbe richiedere del tempo poiché il piccolo si è risvegliato .
Cosa fare: la ricetta a volte e’ semplice
A volte il miglior intervento è quello di non fare niente.
Capisco che nel cuore della notte mamma o papà stanchi non hanno molta voglia di stare a pensare e vorrebbero che la situazione si ripristinasse quanto prima nella modalità che conoscono.
Ma mentre i primi 3 mesi di vita è necessario un pronto intervento, con il procedere dei mesi si può valutare il tipo di intervento, ad esempio:
1) aspettando qualche minuto prima di farsi sentire
2) intervenire in maniera più blanda possibile .
A seconda del temperamento del bambino, dell’età che ha, di come viene gestito l’allattamento , si può pensare di esserci senza interferire .
Alcuni esempi di come intervenire in modo blando:
- toccare dolcemente la pancina o la schiena del bambino con la mano per farsi sentire vicino
- bisbigliare sommessamente per tranquillizzare
- sussurrare una ninna nanna
- non parlare al bambino.
Se poi il pianto prende il sopravvento allora l’intervento del genitore è inevitabile e necessario.
In questo senso calibrare l’intervento: non è sempre necessario rispondere subito.
Quando i risvegli diventano problematici può essere il momento di dare il passo al bambino di sperimentare delle sue modalità per riaddormentarsi nel modo più fisiologico possibile .
Dimmi qual’è la tua esperienza